Mimoza Hysa: Linee (tte) di frontiera in “L’infinito viaggiare” di Claudio Magris

Interpretare le scelte traduttive del testo in albanese

Abstract:
La prosa saggistica - narrativa di Claudio Magris in “L’infinito viaggiare” si caratterizza da una sintassi analitica, tipica della scrittura “diurna”, ma con una mescolanza di riflessioni e considerazioni del narratore. Alla costruzione di quel discorso snello, ma contemporaneamente complesso, concorrono diversi aspetti linguistici, tra cui i segnali interpuntivi. Cercheremo di analizzare in chiave linguistico e stilistico l’uso abbondante e svariato delle lineette “metanarrative”con una tendenza di stratificazione della narrazione. Si prosegue con un confronto dell’uso storico della lineetta nelle due lingue, mettendo in risalto la scarsa presenza di tale segno nella lingua albanese, per concludere con alcune esempi di scelte traduttive. 



“Non c’e’ viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi.”
Claudio Magris
L’infinito viaggiare

Linee(tta) di frontiera

La frontiera per un’autore come Magris, è modo di essere, è filosofia di vita che include ovviamente anche il suo stile. Nel vivissimo dialogo dell’autore con i suoi traduttori, Magris sostiene di far attenzione all’ambiguità della sua narrazione miscua, caratterizzata dall’alternanza della scrittura “diurna” con quella “notturna”. Anche se nell’illuminata prefazione l’autore sottolinea la prevalenza della scrittura diurna in L’infinito viaggiare, - cioè una scrittura che “cerca di capire il mondo, di rendere ragione dei suoi fenomeni, di collocare i singoli destini, anche dolorosi, sullo sfondo della totalità del reale e del suo significato[1]” diversamente da quella notturna “che si trova, talora anche senza averlo programmato, faccia a faccia col volto terribile della vita selvaggiamente ignara di valori morali, di bene e di male, di giustizia e di pietà, di ordine; una scrittura del caos che è talora l’incontro, estraniante e creativo, con un sosia o almeno con una componente ignota di se stessi, che parla con un’altra voce[2]”, - pochi paragrafi in seguito non esclude la possibile presenza di una voce notturna nella sua scrittura[3]. Questo intreccio di scritture sui generis, tra saggistica e narrazione, fa sì che lo stile dell’autore sia complesso da interpretare.
Le indicazioni dell’autore verso i traduttori dei suoi libri abbondano di riferimenti al concetto di libertà della traduzione, di suggerimenti a valorizzare l’intuizione piuttosto che la chiarezza massima del testo, a cogliere la dimensione acustica e fisica del testo e il ritmo come parte integrante del concetto. Il suo stile si può interpretare in svariati modi, ma mi vorrei soffermare ad analizzare un elemento “sottile” e “di confine”, quello dei segni interpuntivi, considerati come indicatori di stile.
L’argomento dei segni interpuntivi è assai delicato e, nella traduzione, è ignorato nelle maggioranza dei casi. Anche nel caso di Magris, che ha scritto centinaia di pagine di consigli per i traduttori dei suoi libri[4], mancano indicazioni sull’argomento. Per un autore attento e critico del suo stile, è ovvio che le scelte di punteggiature oltre che corrette - detto con un’espressione del personaggio di Čechov – sono piuttosto consapevoli[5]. Diversamente dall’opinione di Leopardi - per di più uno dei poeti preferiti di Magris stesso – sull’uso dei trattini e lineette in generale[6], il testo di Magris abbonda dei segni sopranominati. Ci fermeremo ad analizzare l’uso dominante delle lineette (trattini) metalingustiche e parentetiche, che oltre ad avere una funzione prosodico-pausativo, contrassegnano anche i rapporti logico-sintattici.
Non ci aiutano molto nemmeno le grammatiche per capire l’uso cosciente e stilistico di questo segno al margine dei segni interpuntivi, facilmente sostituibile con le due virgole e con le parentesi.
Per Serianni le lineette, oltre a introdurre un discorso diretto, soprattutto nei dialogati dei romanzi, servono anche a racchiudere le frasi incidentali[7]. Ma come va interpretato il proliferare delle lineette usate ad introdurre frasi incidentali nel testo de L’infinito viaggiare?

Prendiamo alcuni esempi:

1.     La scrittura continua il trasloco, impacca e disfa, aggiusta, sposta i vuoti e i pieni, scopre – inventa? trova? – elementi sfuggiti all’inventario e perfino alla percezione del reale…

L’esempio mette in evidenza la polifonia delle voci, caratteristica dello stile dell’autore: nella voce del saggista s’intromette quella del narratore che spezza la narrazione lineare con delle domande in sospensione.

2.     … esso si prolunga nel trasloco dalla realtà alla carta – scrivere appunti, ritoccarli, cancellarli parzialmente, riscriverli, spostarli, variarne la disposizione.

Nel caso della lineetta singola, l’attenzione viene focalizzata sull’ultimo elemento, che ha la funzione di determinare, circoscrivere ed elaborare il pensiero dell’autore. Dal punto di vista grammaticale la lineetta si poteva facilmente sostituire con i due punti, ma l’autore preferisce il trattino per rendere più netta la frase aggiunta.

3.     Cosi accade con la scrittura: qualcosa che, mentre si viaggiava e si viveva, pareva fondamentale è svanito, sulla carta non c’è più, mentre prende imperiosamente forma e si pone come essenziale qualcosa che nella vita – nel viaggio della vita – avevamo appena notato.

La frase introdotta serve a specificare la parola che precede, con lo scopo di focalizzare l’attenzione del lettore su questo tratto del testo.

4.     Berlino – spartita in due, occupata da quattro potenze e attraversata da un muro grottesco – è l’immagine bruciante di una storia innaturalmente bloccata.

La frase introdotta nel caso citato sopra inserisce spiegazioni dettagliate, elementi particolari e opinioni del narratore in aggiunta al pensiero discorsivo dell’autore saggista. La frase si poteva mettere tra due virgole, ma l’uso delle lineette esprime la volontà dell’autore di dare maggiore evidenza della “seconda voce”.

5.     …nel dramma il pazzo omicida si identifica con Ludwig, con la sua megalomania, ma analizza – meglio di uno psichiatra – questi disegni titanici…

È di nuovo la voce narrativa che si intromette aggiungendo un’opinione contrassegnata dalle due lineette.

6.     Ma Lotte – la vera Lotte, quella che riposa qui sotto – è stata veramente la moglie del Consigliere, la madre dei suoi figli, ha condiviso la sua vita.

7.     La città – bellissima, non certo ricca ma di franca e gentile vitalità, con le sue strade affollate di gente e motocicli d’ogni tipo e le sue pagode sui laghi – suggerisce la pace e una vita modesta ma operosa, non le bombe piovute per tanti anni.

Ma questa atmosfera in sordina non deve trarre in inganno, non è – o non è solo – un segno di indifferenza…

Nei casi sopra citati si sente una partecipazione empatica del narratore che oltre ad aggiungere spiegazioni, partecipa emotivamente nella descrizione, dando al testo un tono discorsivo.

8.     I – dovrei anzi dire soprattutto le – docenti conoscono l’università italiana come me e sanno creare fra i loro allievi un grande interesse per il nostro paese.

Questo sarebbe il miglior caso in cui le lineette servono a puntualizzare dettagli anche visualmente con una divisione ben chiara. Una frase equivalente poteva essere:

 I docenti, o meglio dire le docenti, conoscono…

Ma nel secondo caso, anche se il significato non è diverso, la particolarità non sarebbe ben evidenziata e ben sottolineata. Sembra che Magris viaggi nel suo testo anche attraverso e oltre i confini delle lineette.
Per un autore che non solo è in grado di interpretare tutte le sue scelte e che riesce ad essere il critico di se stesso non si può pensare che queste scelte siano casuali.
Visto superficialmente, senza l’analisi e la conoscenza dello stile dell’autore, “l’ingombro” delle lineette nel suo testo può essere interpretato anche semplicemente come un’influenza delle lingue di origine anglossassone e in particolar modo della lingua tedesca[8], dal momento che storicamente si nota una presenza scarsa di quel segno nei testi di letteratura e di saggistica italiana prima della “modernità”.
Ma se prendiamo in considerazione l’ambiguità della sua narrazione, l’uso delle lineette si può interpretare in più modi:

-    in chiave stilistica: le frasi incidentali rappresentano “la polifonia e le stratificazioni enunciative[9] del testo letterario. Le lineette parentetiche introducono nel discorso un’altra voce (quello dell’autore narratore) che prende varie posizioni nel confronto dell’autore saggista, “contribuendo alla costruzione di quell’ambiguità tra resoconto oggettivo e confessione soggettiva”[10]. Detto con le parole dell’autore accennate all’inizio, le frasi contrassegnate dalle lineette sono di una scrittura più “notturna” che “diurna”;

-   in chiave linguistica, le lineette conferiscono al testo tratti di oralità. “Le frasi segmentate e spezzate che ne derivano sono infatti proprie della lingua parlata; ce ne accorgiamo leggendo il discorso ad alta voce.”[11]

-   in chiave sintattica, i vari tipi di inciso creano una moltiplicazione di frasi nell’architettura complessa e sontuosa del testo magrisiano.

-   in chiave contenutistica, le lineette servono a intromettere dettagli, aspetti peculiari, osservazioni sottili, puntualizzazione di un concetto, luogo, idea o persona. La frase incidentale spesso crea una linea parallella a quella dell’argomento principale, formando una rete interculturale e interdisciplinare.

Per esempio:
Nel delirio particolaristico che contagia l’Europa con la febbre di proclamare radici, purezze etniche e identità compatte, non sarebbe forse male se questo splendido Paese restasse senza nome; sarebbe – come gli anonimi di Kafka o gli sberleffi cari alla letteratura cèca – una lezione di verità umana e di ironia, di tolleranza e di umanità.

Se allarghiamo il concetto di Magris circa la frontiera – intesa come una linea che separa e spesso rende nemiche le genti che si mescolano e si scontrano in quel territorio, ma che nello stesso tempo unisce quelle stesse genti[12] – anche alla scrittura magrisiana, possiamo notare la duplice funzione delle lineette:

-   far emergere e scoprire peculiarità, profumi locali, esperienze marginali. Le lineette nella narrazione lineare spuntano come frontiere che focalizzano queste particolarità e le mettono in evidenza. Sarebbe questa la ragione per cui tali frasi non vengono marcate tra le due virgole: l’effetto di pausa e di evidenza sarebbe minore.

-   integrare la particolarità, la seconda voce, nell’interno del discorso. Per questa ragione le frasi incidentali tra le lineette non vengono racchiuse tra le parentesi, che creerebbero un blocco, un’esclusione, un effetto di pausa e di evidenza maggiore, trattando la frase come parte estranea al testo letterario.

Da questo punto di vista, le lineette nel testo magrisiano diventano frontiere semantiche e stilistiche da valutare attentamente nel processo traduttivo. Nel nostro caso – la traduzione in lingua albanese – è interessante notare come sia cambiato l’uso della lineetta per le frasi incidentali nei vari periodi. Così prima della standartizzazione della lingua albanese, se consultiamo le riviste letterarie degli anni trenta, si nota una presenza importante della lineetta, specialmente negli autori con una formazione culturale influenzata dall’inglese e dal tedesco[13]. Dopo gli anni settanta, con le regole ferree redazionali della Casa Editrice Statale “Naim Frashëri” e con l’appiattimento dello stile nella scrittura del realismo socialista, si nota l’esclusione delle lineette in funzione parentetica e la loro sostituzione con le parentesi o le virgole. Dopo gli anni novanta, in un’atmosfera di caos, si manifesta anche la tendenza di trasgredire le regole della scrittura.
Nel processo traduttivo predomina la strategia “author-oriented”, vale a dire una traduzione concentrata più sulla lingua di partenza che sulla lingua d’arrivo, che in alcune opere ha ridotto la comprensione del testo da parte del lettore.
Nel caso specifico che ha dato luogo a quest’analisi, il traduttore del testo di Magris, deve adottare una strategia interpretativa delle lineette parentetiche: conservarle nel rispetto delle scelte autoriali o sostituirle con due virgole o parentesi nel rispetto della tradizione della lingua albanese? Un dubbio che nella scienza della traduzione mette a confronto due principi: quello di adeguatezza e quello di accettabilità, o in altri termini l’approccio source-oriented, orientato alla conservazione del prototesto e quello target-oriented, orientato al metatesto[14].
Nella corrispondenza con i traduttori, Magris opta per il rispetto dell’ambiguità della sua scrittura, quindi, per un principio di adeguatezza e un approccio source-oriented.
“Come sempre nel caso di difficoltà, sia strutturali generali, sia di singole frasi, io, come sapete, penso che la traduzione non debba spiegare, facilitare, smussare le difficoltà del testo originale, che poi sono le difficoltà della vita e del suo racconto, le difficoltà che ognuno di noi, molto spesso, ha nel comprendere. Per questo, meglio correre il rischio di non essere capiti che non assumere il tono del Cicerone di se stessi e della propria opera, che prende benevolmente il lettore per mano e gli spiega le cose, spianandogli le asperità”.[15]
Oltre all’opinione dell’autore stesso, nel caso specifico le lineette parentetiche vanno interpretate come indicatori di stile ed è per questo che nella maggioranza dei casi sarebbe giusto rispettarle. Anche il traduttore della prefazione ha optato per la riproduzione fedele di tali segni interpuntivi.

In conclusione possiamo affermare che la traduzione dell’opera di Claudio Magris L’infinito viaggiare è una sfida sia per il traduttore, a causa dei vari problemi linguistici, sintattici e stilistici sopramenzionati, sia per il lettore albanese, che si troverà lungo una linea di confine tra culture diverse, e gli verrà richiesta maggior partecipazione nella lettura, da intendersi come un viaggio fatto non da turista guidato, ma da esploratore curioso e interessato a oltrepassare le frontiere della comprensione.

Border’s em dashes in "The endless travel" of Claudio Magris. Abstract:


The narrative dimension of Claudio Magris in "The endless travel" is characterized by an analytical syntax, known also as “diurnal” writing, with a mixture of reflections and considerations by the author. The construction of such a simple speech, but complex in the meantime, combine various aspects of language, including the punctuation marks.
This study aims to analyze in linguistic and stylistic key the abundant use of varied “metanarrative” em dashes trending to a stratification of the narrative set.
It proceeds with a comparison of the story of theem dashes’s use in both languages​​, highlighting the low presence of this narrative sign in Albanian. In conclusion it brings some examples of translational choices.

Bibliografia:

1.     C. Magris, L’infinito viaggiare, Milano, Mondadori, 2005.
2.     C. Magris, Lettera traduttori, correspondenza inedita con i suoi traduttori.
3.     C. Magris, Trieste. Un’identità di frontiera,Torino: Einaudi, 1982.
4.     Rivista letteraria Aleph, Intervista di Claudio Magris, realizzata da M. Hysa, Tirana,
autunno 2011, nr. 21.
5.     Rivista letteraria Aleph, Shënime udhëtimi, tradotto da R. Bejko, Tirana, Estate 2011, nr. 20.
6.     U. Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano, Bompiani, 2003.
7.     B. Osimo, Manuale del traduttore: guida prattica con glossario, Milano, Hoepli Editore,
2004.
8.     B. Ivančić, Il dialogo tra autori e traduttori. L’esempio di Claudio Magris, Quaderni di
CeSLiC, Centro di Studi Linguistici-Culturali, ISBN:2038-7954,URT, 2010.
9.     B. Ivančić, Tra le (non) virgole di Alla cieca e sul rapporto di Claudio Magris con i
trattutori, Quaderni di Italianistica, Voll 32, Nr.1, 2011.
10. Gideon Toury, Descriptive Translation Studies and Beyond, Amsterdam-Philadelphia, John
Benjamins Publishing Company, 1995.
11. L. Serianni (con la collaborazione di A. Castelvecchi), Grammatica italiana, Torino, UTET,
1989.
12. B. Montara Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Roma-Bari, Laterza, 2003.
13. B.Montara Garavelli (a cura di), Storia della punteggiatura in Europa, Roma-Bari, Laterza,
2008.
14. B. Mortara Garavelli,“L’interpunzione nella costruzione del testo.” La costruzione del testo in italiano. Sistemi costruttivi e testi costruiti. Atti del Seminario Internazionale di Barcellona (24-29 aprile 1995). Eds. María de las Nieves Muñiz and Francisco Amella. Firenze: Franco Cesati, 1996. 93-113.
15. F. Serafini, Questo è il punto, Roma-Bari, Laterza, 2012.
16. Akademia e Shkencave, IGJL, Drejtëshkrimi i gjuhës shqipe, Tiranë, 1973.
17. Akademia e Shkencave, IGJL, Rregullat e pikësimit, Tiranë, 1981.
18. Akademia e Shkencave, IGJL, Rregullat e pikësimit në gjuhën shqipe, Tiranë, 2002.
19. Gj. Shkurtaj, Si të shkruajmë shqip - Nga drejtëshkrimi te shkrimet profesionale, Tiranë,
Toena, 2008.

Materiale inedito
“Avvertenze generali per i traduttori di Microcosmi
“Avvertenze ai traduttori de La mostra
“Lettera ai traduttori di Alla cieca





[1] C. Magris, L’infinito viaggiare, Prefazione, Mondadori, 2008, p. XXIII.
[2] Ibidem, p. XXIV.
[3] “In queste pagine il dépaysement, che in altri miei libri ha il sopravvento è arginato, contenuto o eluso da un atteggiamento diurno, forse difensivo. Ma il viaggio, di per sé, insinua sempre nella scrittura una componente notturna…”. Ibidem, p. XXI.
[4] B. Ivančić, Il dialogo tra autori e traduttori. L’esempio di Claudio Magris, Quaderni di CeSLiC, Centro di Studi Linguistici-Culturali, URT, 2010.
[5] F. Serafini, Questo è il punto, Roma-Bari, Laterza, 2012.
[6] G. Leopardi, Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, curato da Giosuè Carducci,Vol.II, 22 aprile. Giorno di Pasqua 1821: “Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica, e i sentimenti e le idee non si vogliono più scrivere ma rappresentare, e non sapendo significare le cose colle parole, le vorremo dipingere o significare con segni, come fanno i cinesi la cui scrittura non rappresenta le parole, ma le cose e le idee.”, Firenze, Le Monnier, 1898; p. 310.
[7] L. Serianni, Grammatica italiana, con la collaborazione di Alberto Castelvecchi, Torino, Utet 1989; “Trattino” pp. 78-79.
[8] “Questo procedimento, che in italiano è eccezionale (e comunque non va esteso al di fuori del settore tecnico-scientifico), è invece corrente intedesco, lingua ricchissima di parole composte”. L. Serianni (con la collaborazione di A. Castelvecchi), Grammatica italiana, Torino, UTET, 1989; p. 79.
[9] B. Montara Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Roma-Bari, Laterza, 2003, p.95.
[10] B. Ivančić, Tra le (non) virgole di Alla cieca e sul rapporto di Claudio Magris con i traduttori, Quaderni di Italianistica, Voll 32, Nr.1, 2011, p. 96.
[11] Ibidem.
[12] Claudio Magris, Trieste. Un’identità di frontiera,Torino, Einaudi, 1982; p. 10.
[13] Revista letrare Java, Kris Maloku “A është poet Lasgush Poradeci?”, 1937.
[14] Gideon Toury, Descriptive Translation Studies and Beyond, “Una traduzione accettabile ha come obbiettivo la massima fruibilità del testo nella cultura ricevente, a costo di sacrificare le specificità dell’originale. È un approccio che Toury definisce target-oriented, orientato al metatesto, mentre il principio di adeguatezza è orientata alla conservazione del prototesto come espressione della cultura emittente, producendo una traduzione source –oriented”. Amsterdam-Philadelphia, John Benjamins Publishing Company, 1995.
[15] Claudio Magris, Lettera traduttori AC, p. 9.