ANTONIO FRATTASIO: Lectio Magistralis


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Nova fondamenta penalium legum
Antonii Frattasii
apud studiorum Universitatem “Gheorghe Cristea“
Gratissimus sum magnificae Rectori Lidiae Cristeae propter aditum lectionis magistralis cum vobis habere.
Maximas gratias ago pro omnibus professoribus huius studiorum Universitatis atque omnibus auditoribus.

In questa mia lezione desidero trattare un argomento che non vuole essere confuso nell’ambito dell’etica, ma che ha l’ambizione di cercare di rispondere alla domanda se sia possibile individuare un fondamento antropologico sulle leggi che la società civile si dà nei confronti del crimine.
Insomma che cosa è e se esiste il Male, come valore oggettivo, assoluto, in senso criminologico.
Per questo permettetemi di accennare alle unità di misura spazio-temporale nelle quali collocare la ricerca e quindi di incominciare dall'inizio.
In principio,
ma proprio in principio prima del Tempo, prima dello Spazio, il Creatore contemplava Sé Stesso o il Nulla. Ignoriamo il perché, ma nel preciso momento in cui decise di non essere più solo, ma da lì, da quel Suo Pensiero, avvenne quell’evento denominato big bang per cui miliardi e miliardi di galassie si espandono da 15 miliardi di anni in un Tempo ed uno Spazio ove la mente umana si smarrisce.

L’inizio della vita

Dobbiamo costatare che i primi 10 miliardi di anni di questo spazio-tempo che noi indichiamo come l’Universo ci interessano poco, intendo dire che ci riguardano solo indirettamente dal punto di vista terreste. La questione invece si fa più avvincente intorno ai 4,5 miliardi di anni fa, quando in una galassia chiamata Via Lattea più o meno in quel periodo una nube di idrogeno ed i resti di altre stelle collassarono ed formarono il nostro Sole con intorno altri corpi: i pianeti. Proprio in quel periodo pare sia avvenuta anche la collisione tra due pianeti, che ha provocato l’attuale consistenza della Terra, e poi la crosta terrestre prese a raffreddarsi e col tempo si condensò sulla superficie una specie di brodo che andò formando il primo mare. Fu così che tra questo mare e la nuova terra, tra un cielo solcato da fulmini e meteoriti qualche cosa unì delle molecole. Così incominciò quello che noi umani chiamiamo vita.
All’inizio si trattò di molecole che avevano la capacità di aggregare a sé altre molecole più semplici e che in più , ed in ciò è la meraviglia, erano in grado di replicarsi. Tra miliardi [1] di repliche veniva replicata una diversa, ma era imperfetta e non era in grado di replicarsi. Tra miliardi di queste imperfette si formava una che aveva la capacità di replicarsi, più complessa della genitrice e più adattabile all’ambiente circostante e così una nuova species si moltiplicava occupando altro spazio ed assorbendo altri tipi di molecole. In questo modo un po’ alla volta, diciamo un miliardo di anni, si formarono quegli organismi che chiamiamo piante e le piante incominciarono a liberare nell’aria un gas potentissimo l’ossigeno e con esso [2]cambiarono i mari, cambiarono i cieli e forse cambiò anche la vita dall’RNA si passò al DNA e così con i nuovi esseri gli animali si popolò tutta la Terra.

La risorsa della vita sul nostro pianeta

Alla base della vita nel nostro pianeta dunque esiste essenzialmente un’unica risorsa : la trasformazione del calore del Sole da parte di organismi fotosintetici in molecole complesse. Anche se il fenomeno della fotosintesi è stato sotto gli occhi dell’umanità fin dall'inizio della sua intelligenza, tuttavia solo da non molto tempo siamo in grado di comprendere almeno il meccanismo fondamentale.
Gli organismi che utilizzano la fotosintesi e quindi direttamente l'energia solare sono detti produttori. Sono inclusi in questa definizione oltre a moltissimi tipi di batteri, tutte le piante verdi, dal fitoplacton fino alle piante superiori. Sono quindi degli organismi che non chiedono niente se non uno spazio ove ricevere i raggi del sole ed assorbire acqua ed i minerali circostanti. I consumatori invece sono gli organismi che si nutrono dei produttori direttamente o indirettamente. Avviene così un trasferimento di energia da una specie ad un’altra che mangiandola ne assorbe in parte l’energia vitale. L’assimilazione in termini energetici tra una specie ed un’altra è di circa il 10% . Attenzione ci sono molte forme diverse di predazione per esempio il parassitismo. Cioè non solo il più grande mangia il più piccolo o debole , ma anche il più piccolo si nutre del più grande. Tra questi possiamo enumerare un numero incalcolabile di batteri e virus. Poi non c’è solo la predazione, ci sono anche degli organismi che si cibano delle feci di altre specie, ci sono i bioriduttori in genere che si rendono utili nel ridurre riciclare tutti i nutrimenti contenuti negli organismi morti rendendoli nuovamente disponibili agli organismi viventi.
Una prima considerazione a questo punto la dobbiamo fare. Tranne che per gli organismi che si nutrono e si moltiplicano attraverso l'utilizzo dei raggi del sole, che tuttavia non potrebbero moltiplicarsi senza limiti, ma necessitano anche loro della predazione , tutti gli altri vivono e si moltiplicano mangiando altri organismi o mangiandoli vivi o demolendo i loro corpi in decomposizione. In poche parole per esistere, vivere, moltiplicarsi si deve necessariamente distruggere altri esseri viventi. La vita quindi dal nostro pianeta esiste ed è regolata solo per e con l'annientamento di altra vita. Certamente gli esseri che si cibano dei produttori e cioè gli erbivori, sono quelli che per vivere consumano meno energia vivente, mentre i carnivori trovandosi in un livello superiore sono dei grandi distruttori di energia vivente. L'uomo che si trova al vertice della scala trofica è pertanto il maggior distruttore di energia vivente del pianeta. Quando l'homo sapiens sapiens è apparso su questa terra e cioè da non più di circa 150.000 anni per poter sopravvivere e quindi trasmettere i propri geni era già un predatore. Ma al suo apparire non era di sicuro al vertice della scala, cioè era anche lui una preda e pertanto[3] egli possiede quelle strategie antipredatorie che sono comuni agli altri animali così come noi ai giorni d’oggi le notiamo. Tra l'altro noi possiamo affermare che negli ultimi 10.000 anni, l'uomo dopo essere assurto al vertice della catena alimentare è diventato lui stesso il più importante predatore della sua stessa specie. Ciò nonostante la sua espansione numerica in questi ultimi 200 anni è il maggior disastro ecologico che è avvenuto nel nostro pianeta dopo la glaciazione. La vita così complessa ed equilibrata che si era formata e sviluppata in questi milioni di anni è sconvolta da questa immensa esplosione demografica da parte dell'uomo.

Allora che cosa è l’essere vivente ? Il suo DNA

La genetica o più esattamente il desiderio di conoscere come si trasmette la vita è stata posta presumo fin dagli inizi della nostra umanità. Per quel che ne sappiamo gli antichi Greci e precisamente Ippocrate fu il primo che formulò chiaramente la cosiddetta teoria della pangenesi. In tale teoria si ritiene che con il sesso si ha un vero e proprio trasferimento delle singole parti del corpo in miniatura: capelli, unghie, vene, ect. Quindi la vita ed il suo sviluppo si riduce in un aumento delle dimensioni dell’homunculus, cioè del seme dell’essere. Dopo molti secoli anche Charles Darwin propose una versione simile. Infatti egli sostenne che ogni organo dà un proprio contributo di cellule circolanti che andavano ad accumularsi negli organi sessuali e quindi venivano immesse nella riproduzione sessuale. Poiché questi organi producono queste cellule durante tutta la vita qualsiasi cambiamento verificatosi nell’ individuo dopo la nascita per esempio l'allungamento del collo da parte della giraffa poteva essere trasmesso nella generazione successiva. Come notiamo in modo paradossale Charles Darwin finì per difendere alcuni aspetti della teoria di Lamark[4] è cioè la teoria della eredità dei caratteri acquisiti. La pangenesi pur essendo stata la più antica teoria sulla trasmissione della vita è quella che ha avuto più durata più lunga. Ci fu finalmente un grande scienziato Weismann [5]il quale dimostrò che i cambiamenti somatici prodotti durante la vita individuale non potevano essere trasmessi alle generazioni successive. Infatti, amputò la coda ad una serie di generazionale di topi e dimostrò che la coda continuava a crescere nei discendenti di tali animali. Dopo questa dimostrazione la pangenesi fu definitivamente superata.
Il primo vero fondatore della genetica moderna è Gregor Mendel. Mendel innanzitutto comprese che esistevano dei fattori specifici che furono in seguito chiamati geni e che questi vengono trasmessi dai genitori alla discendenza essi sono presenti in coppie in ogni individuo: uno che appartiene alla madre l'altro al padre.
Egli aveva osservato che i piselli potevano avere due diversi colori verde o giallo. Da questo egli dimostrò che per essere verdi doveva avere due coppie della versione verde in questo caso diciamo VV quindi significava che doveva ricevere lo stesso gene V da ciascun genitore. I semi gialli invece possono essere risultati sia dalla combinazione GG ma anche dalla combinazione VG. Quindi per produrre piselli a colore giallo è sufficiente il possesso di una sola copia della versione G del gene. Quindi il gene G è definito dominante mentre quello V è
chiamato regressivo.
Dopo la morte di Mendel alcuni scienziati usando microscopi sempre più potenti trovarono nell'ambito delle cellule delle parti che vennero chiamati cromosomi. Studiando i cromosomi si riuscì a comprendere che i fattori scoperti da Mendel chiamati geni si trovavano proprio nei cromosomi.
A questo punto finalmente i geni che erano un'ipotesi metascientifica sono diventati un’entità reale.
Darwin nell'opera: “ L'origine delle specie” ha certamente posto il problema della creazione del mondo ma nello stesso tempo, evitò di menzionare il problema dell'evoluzione della specie umana, tuttavia ci pensò un personaggio molto importante l’inglese Francis Galton il quale diede il nome ad un movimento chiamato eugenetica.
Era cugino di Darwin e quindi gli sembrò normale sviluppare il campo che il suo illustrissimo parente aveva iniziato ad esplorare. Non si può ignorare che la classe dirigente inglese dell'epoca guardava con un certo disagio la situazione morale e culturale delle classi povere. Cioè sostanzialmente cercava di sottrarre alle future generazioni l'imbarazzo della presenza massiccia di criminali provenienti dai ceti popolari. Quindi l'eugenetica nel senso della possibilità di sviluppare una umanità meno propensa alla delinquenza fu una ricerca filantropica a favore delle generazioni future.
È chiaro che l'eugenetica come fu inizialmente impostata sulle basi dei primi risultati della genetica era effettivamente incapace di comprendere e quindi risolvere o comunque attenuare gli effetti di possibili mutazioni genetiche che portano a comportamenti asociali e di massima criminali. Bisogna anche evidenziare che l'eugenetica non implicava necessariamente il razzismo come invece bene o male alcuni ritennero e ritengono, che dalla eugenetica si possa pervenire rapidamente a delle soluzioni di carattere razzista. Tuttavia costatiamo che l'eugenetica così come era nata ha perso ogni credibilità nella comunità scientifica proprio perché aveva voluto sulla base dei primi principi scoperti della genetica intervenire immediatamente nel campo sociale e politico.
Tornando all’argomento principale pochi anni dopo il 1945 la fortuna ha voluto che alcuni biologi si sono imbattuti in quello che sarà chiamato il DNA. Sembra impossibile eppure questa grande, grandissima scoperta ci deriva dalle ricerche sul batterio della polmonite.
Dopo una serie di esperimenti si riuscì a determinare che il fattore trasformante della vita era il DNA. Successivamente un gruppo di scienziati inglesi riuscì a comprendere che il DNA ha essenzialmente una forma a doppia elica, insomma sostanzialmente è una specie di cerniera lampo che dividendo riesce a replicare esattamente se stessa. Cosa ancora più incredibile è che tutto il patrimonio del progetto di ciascun essere vivente cioè il suo DNA è formato da una catena di soli quattro basi che per comodità sono indicati A T G C a tre a tre replicati . Il genoma deve essere duplicato accuratamente in modo che tutte le informazioni passino alle nuove generazioni possibilmente senza errori.
Questa enorme scoperta e cioè la scoperta del DNA che ha cambiato certamente il modo di concepire l'essere umano.
Una cosa finora non è stata, a mio giudizio, sufficientemente posta in evidenza e cioè che la vita è regolata dalla mutazione. Ogni singolo individuo è il frutto di una mutazione genetica tra due soggetti: la femmina e il maschio. Già questo è un elemento fondante per la comprensione dell'essere vivente. Inoltre attraverso la scoperta del DNA sappiamo che sia per errori di replicazione in sè, sia per l'intervento di agenti esterni avvengono delle mutazioni nella replicazione del patrimonio genetico. Tali mutazioni normalmente provocano delle alterazioni che rendono l'organismo incapace di sopravvivere, nell'uomo sono generalmente indicate come malattie, tra miliardi e miliardi di queste mutazioni può accadere che una di esse risulti più adatta ai cambiamenti che avvengono sul nostro pianeta in termini di sfruttamento di risorse. Queste mutazioni hanno prodotto e producono quella pluralità di specie che è la caratteristica di questo nostro pianeta.
È tempo perciò di cominciare a considerare non più l'Essere in sé, staticamente , ma l'Essere in divenire, come costante mutazione.

La mutazione e l’evoluzione attraverso la selezione naturale

Ormai è stato accertato che qualunque sostanza organica, è utilizzata come cibo. Nessun essere vivente sfugge alla necessità di energia e alla possibilità di essere fonte di energia per altri. L'intensa competizione per il nutrimento e quindi le strategie di sopravvivenza da parte di tutte le specie viventi che in termini dinamici costituiscono la cosiddetta selezione naturale, comportano anche l'ipotesi di un ragionevole e mutevole equilibrio nell'ambito della distribuzione ottimale del cibo. Infatti se escludiamo di organismi autotrofi i quali ricevono il loro nutrimento direttamente dall'energia solare, tutti gli altri organismi quelli detti eterotrofi necessitano di sostanza organica in primo luogo per la respirazione poi per i muscoli ed infine ovviamente per la crescita e la riproduzione. Dunque è il combustibile per gli esseri eterotrofi è dato dagli zuccheri, i grassi e le proteine. Lo zucchero[6] in particolare deve essere assimilato velocemente in modo da poter essere utilizzato nella respirazione cellulare direttamente. Dobbiamo anche sottolineare che allorquando un organismo ha sufficienti zuccheri questi li trasforma in grassi lipidi che possono essere ritrasformati in zuccheri. Ora dobbiamo comprendere che per chi sfrutta un determinato cibo cioè un composto organico deve possedere i meccanismi di cattura e l'assimilazione specifica. Il fatto come abbiamo accennato che siccome nel nostro pianeta esiste una limitazione delle risorse vitali essa provoca la selezione delle specie e nelle specie i singoli appartenenti . È fondamentale comprendere che la necessità di procurarsi il cibo è contrastata dalla resistenza che la preda oppone per non essere mangiata.
Inoltre certamente le scelte alimentari degli animali sono il prodotto evolutivo della selezione naturale, e questo tuttavia non può che inferire sul fatto che certi comportamenti potrebbero essere trasmessi nell'ambito della stessa specie e non acquisiti dall’esperienza. In poche parole l’individuo è in grado di trasmettere la propria esperienza geneticamente[7]? Infatti l'ipotesi contraria è quella di riuscire a comprendere per esempio in che modo il comportamento del foraggiamento ottimale possa derivare dai limiti prefissati dall'ambiente. È stato elaborato un esperimento su un granchio carnivoro predatore di mitili bivalvi. Con le sue chele afferra un mitile e ne spacca il guscio. Gli vengono offerti diversi mitili con taglie diverse. Il granchio non sceglie di rompere il mollusco più piccolo che ha un guscio sottile ma contiene poca sostanza all'interno. Non sceglie neppure quello più grande perché anche se al suo interno c'è molto da mangiare le sue spesse valvole sono chiuse con una muscolatura molto forte e quindi per aprirle è necessario un grandissimo sforzo. La soluzione ottimale in termini di rapporto tra energia ricevuto come cibo (fattore positivo) ed energia spesa per procurarselo (fattore negativo) è quello di aggredire prima di mitili di taglia intermedia. Le cornacchie, che cacciano i mitili come i granchi, per rompere il guscio li portano in volo a una certa altezza e li lasciano cadere su strato roccioso dove guscio si spezza, le cornacchie invece scelgono quelli della taglia più grande.
È necessario quindi dedurre che gli animali sanno calcolare il bilanciamento energetico tra il consumo energetico necessario per acquisire il cibo e la soddisfazione in termini energetici ricevuta da tale acquisizione. Ciò significa che è necessario che possiedono una memoria, dei percettori che stabiliscono la quantità di energia consumata, dei percettori che indicano la quantità di energia messe in circolo dal cibo procurato. Questo significa che la memoria valuta il miglior bilanciamento tra il consumo per acquisire il cibo e la soddisfazione che i percettori che stabiliscono la quantità di energia prodotta dal cibo acquisito, e quindi fare un bilancio tra queste due percezioni.
Ora nell'uomo non solo è rimasta questa capacità di valutare tra l'energia prodotta per acquisire un bene e l'utilità della preda, ma anzi si è sviluppata . Infatti possiamo certamente considerare che tale meccanismo è alla base della questione fondamentale di innumerevoli teorie sia nell'ambito filosofico, morale e politico: e cioè la libertà di scelta. Qui ovviamente non possiamo affrontare completamente tale argomento, ma possiamo intanto affermare che esiste nell'uomo, come nel resto degli animali superiori la capacità di valutare i propri sforzi, cioè la consumazione delle proprie energie in rapporto a determinate soddisfazioni, in primo luogo quelle del cibo.
Capire questo significa che tutte le dottrine e discussioni che si sono svolte su questo fondamentale problema e che avevano come base il campo dell'Essere, debbono essere riesaminate in quanto è necessario riconsiderare gli elementi forniti dalla nuova conoscenza della vita. Ugualmente i fondamenti con i quali fin da Aristotele si sono basati le concezioni della socialità degli esseri umani debbono essere riesaminati alla luce delle nuove conoscenze. Infatti la socialità che lega gli animali è strettamente connessa al fitness, cioè alla comunanza ed alla trasmissione dei geni.
Indipendentemente poi dalla soluzione se l'uomo dotato di libero arbitrio o è determinato dall’ambiente la pena afflittiva derivante da una violazione della legge penale diviene assolutamente necessaria per limitarne le scelte da parte del soggetto criminale cioè di chi intende violare una legge penale.
La pena comminata per un crimine è l'elemento necessario per consentire al soggetto di valutare l'opportunità o meno di commetterlo. Cioè egli valuta la soddisfazione per l'acquisizione del frutto del crimine con la sofferenza della pena che gli può essere inflitta, altrimenti egli non può che valutare i vantaggi della sua azione e quindi essere spinto a commetterlo, non perché determinato, ma perché non è messo in grado di valutarne le conseguenze dannose..
A questo punto per rispetto alla pazienza degli ascoltatori intendo limitare questa mia lezione accennando soltanto ad altri due elementi fondamentali che mettono in crisi dei convincimenti e cioè:
-il limite di Hayflick.
-il dolore:
Nel 1962 Leonard Hayflick scoprì che contrariamente a quanto si pensava, le cellule umane e le cellule animali hanno una limitata capacità di replicazione, ed il punto in cui le cellule smettono dividersi fu chiamato appunto il limite di Hayflick. L'elemento nel DNA che è coinvolto in questo tipo di fenomeno sono i cosiddetti telomeri. In base alla correlazione tra senescenza cellulare e l'attività dei telomeri si ritiene che nell'ambito generale della mutazione esiste un orologio molecolare che impedisce comunque che un individuo possa vivere all'infinito. Quindi la scoperta del limite di Hayflick è una prova in più che la vita del pianeta si fonda non su una staticità dell'individuo ma su una continua mutazione.
Per quanto riguarda il secondo punto e cioè il dolore accenniamo solo che esso condiziona i rapporti umani, sia personali che sociali. Infatti senza banalizzare possiamo affermare che l'uomo nasce nel dolore, vive nel dolore e muore nel dolore.
Nell'ambito poi dell'evoluzione in termini psicologici dell’Io il dolore è un elemento fondante delle tensioni che sorreggono i vari passaggi dell'età evolutiva le cd. nevrosi.
Gli studi medici che sono stati effettuati ci dicono che esiste un elenco impressionante i sintomi dolorosi per cui risulta impossibile sviluppare ancora una teoria completa e coerente rispetto al dolore. In generale possiamo affermare che il dolore è un'esperienza che viene memorizzata ed è associata a un danno reale o potenziale dei propri tessuti e si tratta di una sensazione assolutamente sgradevole, la più sgradevole in assoluto. Quindi il dolore ha una funzione di avvertimento, ci segnala che qualcosa non va: il dolore è un segnale d'allarme.
E’ chiaro che la specie vuole che il singolo soggetto cerchi in tutti i modi di difendere e preservare il proprio organismo. Le osservazioni non solo quelle che afferiscono la nostra personale esperienza, ma anche la comune osservazione nei confronti degli animali, ci provano che l'applicazione di stimoli dolorosi innesca numerose reazioni: grida, la fuga, tutte le azioni volte a sottrarsi alla sensazione dolorosa. Cosa sarebbe per gli esseri vitali se fossero insensibili al dolore? Per quanto riguarda gli uomini la sopportazione del dolore è sempre stata valutata in modo positivo e cioè è stata accostata ad una durezza del carattere, ad un valore simile al coraggio, ma per la verità se non si percepisse il dolore si rischia di far degenerare le lesioni che porterebbero rapidamente alla fine dell'organismo. L'aspetto negativo è che se il dolore si prolunga esso produce un alterazione dell'attività del sistema simpatico . Ugualmente totalmente negativo è il dolore cronico. Inoltre nella esperienza di ciascun uomo si avvengono degli stimoli che sono percepiti come dolore, ma non sono necessariamente collegati ad una lesione dei propri tessuti: sono i dolori di origine psicologica.
Dal punto di vista organico il dolore fisico è trasmesso dalla periferia al midollo spinale da tre tipi di fibre, i nocicettori, che trasmettono gli impulsi a differenti velocità. Sono state individuate delle sostanze algogene, cioè produttrici di dolore , che se per esempio iniettate a livello cutaneo causano appunto una sensazione dolorosa senza che la causa sia stata prodotta. Quello che finora si è riusciti a comprendere che intorno alle terminazioni cutanee dei nocicettori esiste è quello che gli scienziati hanno definito un brodo periferico ove un numero importante di sostanze a livello extracellulare causano la sensibilizzazione dei nocicettori.
Una grave dicotomia tra il dolore sensoriale e quello affettivo viene rilevata quando si giunge alla fine del circuito del dolore e cioè alla corteccia cerebrale. Le asportazioni di porzioni di parte del lobo frontale hanno provocato nei pazienti l'insensibilità al dolore . Quindi si può ritenere che gli aspetti emozionali del dolore coinvolgano sia il sistema limbico sia il lobo frontale. E’ stato provato che persone sottoposte al grandissimo stress del combattimento della battaglia una volta ferite sopportavano con grande tranquillità le amputazioni senza bisogno di anestetico. Addirittura una percentuale elevata di soldati risulta insensibile alle ferite, mentre reagiva normalmente a una iniezione endovenosa.
Questo fenomeno riguarda appunto il fatto che il cervello è in grado di produrre delle sostanze in grado di fermare la sensazione dolorosa : le morfine naturali cioè le endorfine. Oggi c'erano state individuate almeno una ventina di tali sostanze prodotte dal cervello in grado di svolgere questa funzione fisiologica.
Finora tuttavia gli esperimenti che utilizzano il naloxone che è una sostanza in grado di produrre una maggiore sensibilità al dolore non hanno portato a risultati soddisfacenti nel senso che non sia in grado di comprendere esattamente come avvenga la produzione di queste endorfine.
Dopo aver tracciato seppure con grande sintesi quello che più meno in questo momento siamo in grado di comprendere i meccanismi del dolore, dobbiamo raccogliere il nostro pensiero su ciò che rappresenta il dolore nella storia dell'uomo. Se il dolore protegge il corpo dai rischi di azioni che possono danneggiarlo, la paura che altri uomini o eventi possano infliggerci del dolore ci rende pavidi. Per prima cosa la morte a cui ogni soggetto va incontro rappresenta la proiezione assoluta del dolore. La morte non è un'esperienza diretta dell’Io, tuttavia essa è la rappresentazione ultima del dolore. A questo tipo di esperienza indiretta, l'Io è soggetto a quello stato d'animo che definiamo terrore. L'idea di una sofferenza senza fine, dell'ipotesi dell'annientamento fisico provoca quella tensione psichica che fa rivolgere per esempio l'uomo alla religione. Inoltre il terrore rappresenta e ha rappresentato un elemento fondamentale nell'azione politica, sia individuale sia collettiva. Personaggi come Genghis Khan hanno basato la loro immensa conquista utilizzando truppe che operavano seminando terrore contro i popoli da conquistare. Lo stesso impero ottomano ha basato la sua politica di conquista sul terrore e la tortura sistematica. Quindi proprio la gestione della proiezione collettiva del dolore è una caratteristica peculiare nella storia dell'essere umano. Pertanto la coscienza del dolore e la possibilità di gestire tale situazione psichica sia nell'ambito individuale ma soprattutto in quello collettivo deve essere un elemento importante per lo studio e del controllo della criminalità comune, politica e terroristica proprio in rapporto alla pena .
Concludendo:
pur nei limiti temporali a cui sono stato costretto per la necessità della traduzione ritengo aver posto in discussione i criteri che attualmente tendono ad essere i fondamenti della politica criminologica. L'attuale determinismo ambientale che contesta , anzi considera in modo negativo la legge penale che infligge agli autori di tali atti la pena, deve ritenersi criticabile perché è il frutto di presupposti che si fondono su una concezione sostanzialmente soggettivistica dell'Essere. Ora ogni scienza antropologica che intende approfondire la conoscenza dell' uomo non può non tenere conto del suo divenire e cioè della mutazione della species e quindi dei meccanismi con i quali essa opera in rapporto al mondo ed alle sue risorse limitate .
Quindi mi sia consentito a questo punto di segnalare un ipotizzabile criterio, una ricerca sulla possibilità di stabilire un valore oggettivo e quindi non relativistico del Male, alla base della legge penale condivisibile, e che può essere riassunto come segue:

"Tutto ciò che soddisfa l’individuo a danno della species è il Male, tutto ciò che è funzionale all’individuo ed alla species è Bene".



[1] Nel primo milione di anni la replica era probabilmente attuata dal RNA che è molto più instabile del DNA, quindi probabilmente le mutazioni delle repliche era molte più diffuse anche a causa dei Raggi UV .
[2] Intorno ai 3,5 miliardi di anni fa
[3] Siccome è sopravvissuto come species
[4] Jaen-Baptiste Lamarck 1809 Philosophie zoologique
[5] 1834-1914 ,
[6] prodotto dalla fotosintesi
[7] In termini Lamarckiani